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L’uso del tabacco si diffuse rapidamente tra i marinai europei che sbarcavano nel nuovo mondo, anche perché ad esso erano attribuite virtù afrodisiache, tanto che già nel 1527 il vescovo Bartolomé de Las Casas rimproverava ai residenti iberici dell’isola Hispaniola di aver contratto la “vergognosa abitudine” al fumo. I fumatori si difesero sostenendo di non riuscire più a smettere, fornendo la prima testimonianza della dipendenza provocata dal tabacco.
Nel 1558 il tabacco giunse in Portogallo e nel 1560 l’ambasciatore francese alla Corte portoghese, Jean Nicot de Villemain, convinto delle sue virtù medicinali, ne promosse la coltivazione e l'importazione, consigliandone inoltre l’uso alla Regina di Francia Caterina de’ Medici, quale rimedio per l’emicrania. La Regina divenne una sostenitrice della pianta che da allora fu denominata anche Herba Catharinaria, anche se il nome botanico, in onore di Nicot, fu da allora Nicotiniana tabacum.
In Italia il tabacco venne introdotto nel 1579 dal Cardinale Prospero di Santa Croce, nunzio pontificio a Lisbona. Il Papa, ricevuti i semi, li affidò ai monaci dei vari ordini religiosi, che cominciarono a coltivarli negli orti, convinti delle proprietà medicamentose della pianta, (erba santa) in quanto appartenente alla famiglia delle solanacee, di cui fanno parte erbe curative quali la Belladonna e piante nutritive di nuova scoperta come pomodori, patate, peperoni.
L’impiego come
prodotto voluttuario fu successivo; partì dall’Inghilterra nel 1590, e
si diffuse rapidamente degenerando ben presto in abuso, tanto che i
governanti dell’epoca cominciarono a sfruttare il vizio per alimentare
le entrate del proprio stato, con l’imposizione di tasse sul tabacco.
Nacquero così i primi monopoli.
(Fonte: Ministero della Salute, D.G. della Prevenzione sanitaria, Ufficio IX - 27 maggio 2004) |
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© SMD - Ultima mod. 3 Maggio 2007 |